venerdì 3 settembre 2010

FUNERALI DELLA SCUOLA PUBBLICA; STORIE VERE!

LEGGERE PER CAPIRE; NULLA DA AGGIUNGERE.

"Calpestati 14 anni di sacrifici
per loro siamo solo dei numeri"Caterina, in ospedale dopo otto giorni di sciopero della fame: "Pur di lavorare ho accettato di lasciare mio marito e tre bambini e di andare a Brescia. Ora tutto viene cancellato"
di MARIA NOVELLA DE LUCA


ROMA- "Sono figlia di un agricoltore e ho l'orgoglio di essere diventata maestra elementare. Ai miei tre figli ho insegnato il rispetto e la passione per la scuola, ho lavorato nei quartieri a rischio di Palermo, dove i bambini bisognava andarli a cercare nei vicoli e nei cortili per farli entrare in classe e "rubarli" alla criminalità che li assolda e li sfrutta. Pur di lavorare ho accettato di lasciare mio marito e i miei tre figli e di andare al Nord, in una scuola di Brescia, vivevo in una stanza d'albergo, cucinavo in un angolino, dei 1300 euro di stipendio non rimaneva nulla, ma non importa, ripartirei domani... E adesso questi 14 anni di precariato vengono cancellati, calpestati da un ministro che si rifiuta anche di incontrarci. Sì, lo so, corro un grave rischio a continuare lo sciopero della fame, soffro del morbo di Crohn e i medici sono stati chiari. Ma qui in gioco c'è il futuro di migliaia di famiglie, dei nostri figli e della scuola pubblica. Come può questo governo essere così cieco e sordo?"
Distesa su una barella del Pronto Soccorso dell'ospedale "San Giovanni" di Roma, Caterina Altamore, 37 anni, insegnante precaria di Roccamena provincia di Palermo, all'ottavo giorno di digiuno, racconta la sua battaglia, la durezza delle ultime settimane, il presidio davanti a Palazzo Chigi, "in tenda, con i topi che si infilavano dappertutto, le notti improvvisamente diventate fredde" fino alla delusione di ieri, dopo il rifiuto secco della Gelmini, "no, non incontrerò i precari". Un muro. Una barriera. "Per loro siamo numeri, roba da niente", mormora. E aggiunge: "Il ministro dice che siamo politicizzati? La sfido a dire qual è la mia tessera".

Poi nel pomeriggio il malore, la corsa in ospedale con il 118, ma Caterina è una donna forte, decisa, occhi scuri fermi e diretti, mentre attende che la flebo di glucosio le restituisca le forze risponde al telefono, rassicura tutti. La sorella da Palermo, il marito Angelo Moscatelli, i colleghi: "Sto bene, sto bene, adesso torno al presidio, non vi preoccupate...". Anche lì in corsia si accende la solidarietà. Pazienti, infermieri: "Stanno distruggendo la scuola, resistete".

Caterina Altamore ringrazia, sorride, anche se il foglio di dimissioni non lascia dubbi: "Deve riprendere ad alimentarsi il prima possibile" scrivono i medici. Ma Caterina, ormai il simbolo di questa protesta durissima che sta saldando Nord e Sud contro i tagli che hanno espulso dal mercato del lavoro migliaia di insegnanti, va avanti. "Lo faccio per i miei figli, a cui ho comunicato l'orgoglio per lo studio e per il sapere, e infatti hanno la media del 10. Ma lo faccio per i ragazzi di tutta Italia, a cui questi tagli travestiti da riforma stanno togliendo il diritto costituzionale ad avere una scuola pubblica che funzioni, e non con classi di 40 alunni e le aule fatiscenti. Lo faccio per quei bimbi del "Capo" di Palermo, quelli che avevo in classe, e che senza tempo pieno resteranno per strada, in attesa di diventare soldati della mafia. E per noi, vite da precari, disposti a tutto pur di fare gli insegnanti, anche appunto a lasciare i miei tre bambini in Sicilia e andare in Lombardia".

Nuovi migranti tra i migranti, e in gran parte donne, aggiunge Caterina. "Perché non è vero che la gente del Sud non si muove, non si sposta. A Brescia l'esperienza è stata bella e importante, lì ci sono ricchezza, strutture, ma il taglio di fondi sta demolendo anche quel mondo. Un anno di viaggi e di valige, di nostalgia, e meno male che a casa c'erano mia madre e mia suocera...". La famiglia appunto. Un punto fermo per Caterina, cattolica praticante, che si è sposata a 21 anni, e poi con Angelo ha fatto tre figli. "Ma non ho mai saltato una supplenza, ogni volta che mi è stato dato un incarico l'ho portato fino in fondo, e ancora oggi ho lo stesso entusiasmo, credo davvero che le cose possano cambiare, la gente se ne sta accorgendo, certo la cosa assurda è che per parlare di scuola pubblica ci voglia il gesto estremo dello sciopero della fame".

Dimessa dall'ospedale Caterina torna al presidio davanti a Palazzo Chigi. Il referto sotto il braccio. L'avvertenza di smettere il digiuno e di bere il più possibile. Il morbo di Crohn è una malattia grave, provoca ulcere e lesioni interne. "Senza lavoro per me sarà anche più difficile curarmi, la Sanità in Sicilia è così distrutta che spesso devo utilizzare le strutture private e una colonoscopia costa anche mille euro". Un velo di tristezza, di preoccupazione. Ma è un attimo. Caterina torna allegra. "Meno male che da ieri sera è arrivato il camper della Cgil. Ora la notte sarà meno dura". Ad aspettarla lì, come ormai da giorni, gli altri colleghi con cui condivide lo sciopero della fame, Giacomo Russo e Salvo Altadonna. "Quanto andrò avanti? Fino a che non avremo delle risposte, fino a che le forze me lo permetteranno. I miei figli? Lo sanno e mi sostengono. Mio marito? E' preoccupato, ma sa che io non mi fermo. Non posso. Corro un rischio, è vero, ma è una battaglia di civiltà".

1 commento:

Anonimo ha detto...

SOLIDARIETA' ALLE MIGLIAIA DI CATERINA CHE VIVONO IL DRAMMA DELLA FINE DI UN SOGNO!

FRANCO LABRIOLA